La tecnica povera di Alighiero Boetti

Michele D’Aurizio, M.A.

Nella sua tesi di dottorato, D’Aurizio esamina oggetti d’arte, artigianato e design creati in risposta all’emersione del fenomeno del Made in Italy. Il Made in Italy ha proiettato l’Italia sui mercati internazionali facendo leva sulla feticizzazione, da parte dei consumatori, delle tradizioni artigianali locali e sulla sopravvivenza, nelle catene manifatturiere, di modi di produzione cosiddetti “arretrati”. La tesi sostiene che l’industrializzazione stentata del Paese rifletta l’emblematica strategia imperialista di espandere il settore artigianale delle nazioni dipendenti e guarda a pratiche artistiche e di design che hanno denunciato le contraddizioni dello sviluppo periferico italiano. Alla Bibliotheca Herziana, D’Aurizio si concentrerà su un corpo di opere dell’artista Alighiero Boetti, i Colori. Per realizzare questi oggetti, Boetti scrisse i codici di varie vernici commerciali con caratteri tipografici di sughero incollati su placche metalliche e successivamente dipinse a spruzzo ogni collage con la vernice corrispondente. Boetti viveva a Torino, sede della FIAT. Laddove i critici hanno spesso interpretato i Colori come esercizi tautologici, D’Aurizio considera queste opere come succedanee dei beni prodotti dall’industria automobilistica. Sostiene che Boetti si sia interessato alla verniciatura a spruzzo come uno dei tanti processi che gli operai della FIAT eseguivano ancora prevalentemente a mano, una soluzione resa possibile grazie alla manodopera a basso costo migrante in massa a Torino dalle campagne. Nel momento in cui i modelli economici della FIAT incontrarono il favore dei mercati internazionali, le dinamiche capitalistiche locali e globali cominciarono a rispecchiarsi: la popolazione rurale forniva un esercito industriale di riserva ai centri produttivi interni al tempo stesso in cui quei centri diventavano essi stessi fornitori complementari nel sistema-mondo.

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